E’ possibile sostenere il sistema immunitario, che ci difende da aggressori esterni e interni, con diverse strategie, senza dover ricorrere ai farmaci (se non nei casi di malattia, che li richiedono in modo specifico). Vedremo, a partire da questo articolo, e nei prossimi, come salvaguardare lo stato di buona salute, conoscendo meglio le attitudini del nostro organismo, gli stili di vita corretti, il movimento (fatto con consapevolezza), mind set adeguati. MICROBIOTA Così si definisce, oggi, l’insieme delle popolazioni di batteri e altri microorganismi, che albergano in diversi distretti del nostro corpo. Tra tutti, il microbiota intestinale è senz’altro quello da più tempo studiato e conosciuto. L’uomo è colonizzato da microbioti molto diversi, in termini di composizione e funzionalità, che hanno, come habitat, specifiche nicchie ecologiche del corpo: cavità orale, pelle, apparato urogenitale, tratto respiratorio e tratto gastrointestinale. Essi sono una componente integrale della biologia umana. Tali microbioti, oltre a rappresentare una barriera, per competizione, contro l’invasione e colonizzazione di microorganismi patogeni, svolgono un ruolo fondamentale per il metabolismo e la fisiologia; forniscono, infatti, una gamma vasta di attività metaboliche, con un forte impatto su equilibrio energetico, bilancia dell’immunità, modulazione della funzione neurologica ed endocrina. Ogni essere umano ha un suo corredo altamente individuale di microorganismi, acquisito alla nascita e che persiste per tutta la vita. Tuttavia. si tratta di un patrimonio che può subire perturbazioni, talvolta anche molto rapide e profonde. i fattori che possono influenzare la composizione e, di conseguenza, l’attività funzionale del microbiota, sono in primis: dieta, farmaci (antibiotici), età. Le alterazioni della composizione del microbiota possono comprometterne la stabilità. E’ stato, per esempio, dimostrato che la ridotta biodiversità correla con l’aumento dello stato infiammatorio, e, per tale motivo, con lo sviluppo e la progressione di numerose malattie. QUANTI E QUALI MICROBIOTI I microbioti più estesamente indagati sono quelli dell'apparato digerente (intestino e stomaco, in particolare), della mucosa vaginale, della cute e del cavo orale. I numerosi studi, condotti in questi anni, evidenziano come alterazioni dei microrganismi stanziali, a questi livelli, si associno tipicamente a patologie e disturbi rilevanti dal punto di vista epidemiologico (alterazioni del transito intestinale, candidosi vaginale e vaginosi batteriche, dermatite atopica, carie dentali e patologie gengivali...). Importanti correlazioni sono state poi evidenziate tra alterazioni del microbiota intestinale e disturbi del metabolismo (obesità, diabete), del sistema immunitario (allergie e disordini su base autoimmune), del sistema nervoso centrale e periferico (sclerosi multipla, malattia di Parkinson e di Alzheimer), infine i disturbi del microbiota intestinale sembrano correlare anche con la propensione a sviluppare tumori. Tutte queste condizioni morbose correlano, a loro volta, con una situazione di infiammazione cronica di basso grado. E’ senz’altro più recente, invece, l’interesse per il microbiota dell'albero respiratorio, delle cavità nasali e delle mucose oculari. EUBIOSI E DISBIOSI Lo stato di "eubiosi" si riferisce al microbiota, quando sia in grado si supportare la corretta funzionalità dell'organo o tessuto di pertinenza e di svolgere eventuali azioni positive a distanza, così da assicurare un pieno stato di benessere. Il microbiota interagisce in modo biunivoco, dinamico e variabile, secondo un modello di “simbiosi mutualistica”, nel quale entrambe le componenti (umana e microbica) traggono vantaggi in termini di benessere e sopravvivenza. Le diverse specie microbiche proliferano in competizione controllata e si ritagliano “nicchie ecologiche” che permettono loro di accedere ad adeguate risorse nutritive, di sopravvivere e di moltiplicarsi nell’umano, che adatta le difese immunitarie locali e sistemiche, sviluppando tolleranza nei loro confronti. Si parla di "disbiosi", invece, qualora si manifestino segni o sintomi di malessere, direttamente conseguenti ad alterazioni nella composizione, quantità, biodiversità e funzionalità del microbiota. La diretta conseguenza che ne deriva, è la proliferazione impropria di una o più specie batteriche non necessariamente "patogene", ma comunque "critiche". Le cause più rilevanti di disbiosi sono rappresentate dalla dieta e dai medicinali (in particolare, antibiotici e antimicotici): sia quelli assunti a scopo terapeutico, che introdotti involontariamente con gli alimenti, in tracce, ma per tempi prolungati (per esempio, residui di antibiotici in carni o latte provenienti da allevamenti trattati con questi farmaci). Dieta e medicinali assunti per via sistemica possono destabilizzare i diversi microbioti (intestinale, cutaneo e vaginale/urinario), con ripercussioni variabili da persona a persona, in relazione alla predisposizione genetica, al sesso, all'etnia, allo stato di salute e alle caratteristiche metaboliche generali. Anche fumo e alcolici hanno un impatto significativo sul microbiota di vari comparti (orale, gastrointestinale, respiratorio), nonché effetti indiretti conseguenti ai loro componenti tossici, in grado di promuovere l'infiammazione tissutale e la produzione di radicali liberi. MANTENERE L ‘EUBIOSI E’ opportuno, nella vita quotidiana, adottare comportamenti a favore dell’equilibrio dei microbioti, in un’ottica di prevenzione generale, iniziando da opportune scelte dietetiche e ricorrendo anche ad integratori o alimenti contenenti probiotici. A riguardo, va segnalato che la dieta mediterranea, ricca di fibre vegetali e povera di proteine animali, grassi saturi e zuccheri raffinati, sembra promuovere la proliferazione intestinale di generi batterici favorevoli (in particolare, Firmicutes e Prevotella spp., produttori di SCFA (acidi grassi a catena corta, come butirrato e proprionato), utilissimi al fine di preservare l’eubiosi e di tutelare la mucosa intestinale. Probiotici e Prebiotici per os I probiotici sono stati definiti dall’OMS, nel 2001, così: “organismi vivi che conferiscono uno stato di benessere all’organismo ospite se somministrati in concentrazione adeguata”. Per poter determinare un effettivo beneficio, stando a quanto definito dal Ministero della salute nel 2018, “la quantità minima sufficiente per ottenere una temporanea colonizzazione dell’intestino da parte di un ceppo microbico è di almeno 109 cellule vive per giorno. La porzione di prodotto raccomandata per il consumo giornaliero deve quindi contenere una quantità pari a 109 cellule vive per almeno uno dei ceppi presenti”. Inoltre, per poter modificare l’ecosistema intestinale, i microrganismi probiotici devono essere capaci di moltiplicarsi attivamente, aderire all’epitelio e colonizzare temporaneamente l’intestino, favorendo il ripristino di condizioni ideali per la sua ripopolazione da parte del microbiota intestinale “sano” a scapito delle specie patogene. La durata dell’assunzione dei probiotici può essere relativamente breve (1-2 settimane), quando la disbiosi da risolvere è un evento acuto innescato da uno stimolo transitorio ben definito (per esempio, una terapia antibiotica sistemica), oppure essere protratta più a lungo, quando è presente per esempio una disfunzione cronica (alterazioni dell’alvo in difetto o in eccesso) oppure a scopo preventivo per il mantenimento di un microbiota intestinale equilibrato. Per supportare la funzionalità intestinale, attraverso il miglioramento del microbiota, si possono utilizzare anche composti prebiotici, ossia “substrati che sono metabolizzati selettivamente da un microrganismo ospite per produrre un beneficio per la salute” (International Scientific Asso- ciation for Probiotics and Prebiotics - ISAPP, 2016), ma indigeribili per l’uomo. I composti per i quali si dispone di prove più solide a sostegno del ruolo prebiotico quando assunti per bocca sono i fruttani (inulina e fruttoligosaccaridi, FOS) e i galattoligosaccaridi (GOS): oligo e poli- saccaridi glicosidici, che possono essere degradati da bifidobatteri e lactobacilli intestinali grazie ad un enzima specifico, di cui l’uomo è privo. Inulina e c-FOS hanno dimostrato di contribuire a migliorare la funzionalità intestinale (aumentando volume e consistenza delle feci in soggetti adulti sani, al dosaggio di 12-20 mg/die) e, secondo alcuni studi, di aiutare a contrastare condizioni di sovrappeso/obesità (migliorando la composizione del microbiota intestinale e la sensibilità all’insulina, riducendo il desiderio di alimenti ipercalorici e attenuando l’infiammazione cronica di basso grado). A prescindere dallo scopo per il quale li si assume, va ricordato che dei prebiotici non si deve tuttavia abusare, perché la loro fermentazione eccessiva da parte del microbiota endogeno può causare flatulenza e altri disagi gastrointestinali. I generi microbici attualmente più usati come probiotici sono: • Bifidobacterium • Lactobacillus • Streptococcus thermophilus, S. salivarius • Propionibacterium spp. • Enterococcus faecium • Bacillus spores • Saccharomyces boulardii • Escherichia coli Nissle
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Settembre 2020
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