Cos’è la luce?
Qual è il suo impatto su di noi? Il termine luce, in Fisica,si riferisce alla porzione dello spettro elettromagnetico visibile dall'occhio umano, approssimativamente compresa tra 400 e 700 nanometri di lunghezza d'onda, ossia tra 790 e 435 THz di frequenza. Questo intervallo coincide con il centro della regione spettrale della luce emessa dal Sole che riesce ad arrivare al suolo attraverso l'atmosfera. I limiti dello spettro visibile all'occhio umano non sono uguali per tutte le persone, ma variano soggettivamente e possono raggiungere i 720 nanometri, avvicinandosi agli infrarossi, e i 380 nanometri avvicinandosi agli ultravioletti. La presenza contemporanea di tutte le lunghezze d'onda visibili, in quantità proporzionali a quelle della luce solare, forma la luce bianca. La luce, come tutte le onde elettromagnetiche, interagisce con la materia. Ifenomeni che più comunemente influenzano o impediscono la trasmissione della luce attraverso la materia sono: l'assorbimento, la diffusione (scattering), la riflessionespeculare o diffusa, la rifrazione e la diffrazione. La riflessione diffusa da parte delle superfici, da sola o combinata con l'assorbimento, è il principale meccanismo attraverso il quale gli oggetti si rivelano ai nostri occhi, mentre la diffusione da parte dell'atmosfera è responsabile della luminosità del cielo. Sebbene nell'elettromagnetismo classico la luce sia descritta come un'onda, l'avvento della meccanica quantistica agli inizi del XX secolo ha permesso di capire che questa possiede anche proprietà tipiche delle particelle. Nella fisica moderna, la luce (e tutta la radiazione elettromagnetica) viene considerata composta da quanti, unità fondamentali di campo elettromagnetico, chiamate anche fotoni. Fritz Albert Popp iniziò a pensare alla luce della natura. La luce è presente nelle piante ed è la fonte di energia utilizzata durante la fotosintesi clorofilliana. Quando mangiamo cibi vegetali deve accadere, pensò, che assumiamo fotoni e li immagazziniamo. Se è vero che eliminiamo CO2 e acqua, si chiese, dove immagazziniamo l'onda elettromagnetica che ciò che mangiamo ha in precedenza acquisito? E' verosimile che questa energia fotonica si disperda, mentre viene distribuita all'intero spettro di frequenze elettromagnetiche del corpo, diventando la forza traente per tutte le molecole che lo costituiscono. I fotoni stimolano i processi del corpo come un direttore d'orchestra che avvia ogni singolo strumento, poiché a diverse frequenze corrispondono funzioni diverse. Popp scoprì proprio che le molecole nelle cellule rispondono a determinate frequenze. Il primo quesito era quale fosse la sede principale dei biofotoni, prima che venissero distribuiti. Popp analizzò l'emissione di luce del DNA, quando le due eliche vengono separate, e scoprì che maggiore è la quantità di DNA dipanato e maggiore è l'intensità della luce registrata. Scoprì anche che il DNA è capace di emettere un ampio spettro di frequenze e che alcune di queste frequenze sono collegate a determinate funzioni. Popp, grazie a questo e ad altri esperimenti, dedusse che una delle riserve essenziali di luce e fonte di emissione di biofotoni fosse proprio il DNA. Come se fosse un diapason, il DNA, colpito da una particolare frequenza, informa altre molecole, declinando poi altre frequenze ancora. Molti biologi e fisici hanno avanzato l'idea che siano proprio le onde oscillanti a sincronizzare la divisione delle cellule e a mandare le istruzioni dei cromosomi in ogni parte del corpo. Herbert Frohlich, dell'Università di Liverpool, per esempio, è stato uno dei primi ad introdurre l'idea che un qualche tipo di vibrazione collettiva sia responsabile del fatto che le proteine cooperino le une con le altre e trasmettano le istruzioni del DNA e che determinate frequenze (definite frequenze di Frohlich) possano essere generate dalle vibrazioni di queste proteine, appena al di sotto delle membrane delle cellula. Nei suoi studi, questo scienziato ha dimostrato che una volta che l'energia raggiunge una certa soglia, le molecole iniziano a vibrare all'unisono, fino a quando non raggiungono un alto livello di coerenza. Quando le molecole raggiungono questo stato di coerenza, assumono determinate qualità della meccanica quantistica, inclusa la non località. Arrivano al punto di poter operare allo stesso tempo e in modi corrispondenti. Il fisico italiano Renato Nobili, dell'Università di Padova, ha ottenuto prove sperimentali che esistono frequenze elettromagnetiche nei tessuti animali, mentre il premio Nobel russo Gyorgyi ha ipotizzato che le proteine delle cellule agiscano come semiconduttori, preservando e facendo circolare l'energia degli elettroni come informazioni. Popp, proseguendo i suoi studi, verificò che tutti gli esseri viventi (dagli animali alle piante più basilari) emettono una corrente stabile di fotoni, in quantità comprese tra pochi fino ad alcune centinaia. Inoltre il numero di fotoni emessi sembrerebbe correlare con la complessità dell'organismo: più è evoluto l'organismo e minore è la quantità di fotoni emessa. Gli esseri umani, per esempio, emettono solo dieci fotoni per cm quadrato/sec, mentre animali e piante rudimentali ne emettono, a parità di tempo e frequenza, fino a cento. Se la luce viene emessa su cellule viventi, queste assumono la luce e con un certo ritardo risplendono intensamente: si tratta de un processo chiamato "luminescenza ritardata". Potrebbe trattarsi di uno strumento correttivo. Il sistema vivente deve mantenere un delicato equilibrio di luce, quando viene colpito dalla radiazione luminosa ne elimina l'eccesso. Tuttavia, come si diceva, esiste un'emissione spontanea di luce da parte della materia vivente e Popp scoprì che queste emissioni spontanee seguono determinare configurazioni, secondo ritmi biologici che si ripetono ogni 7, 14, 32, 80 e 270 giorni, momenti in cui le emissioni sono identiche, anche dopo un anno, e secondo ritmi nictemerali. Studiando le emissioni in persone malate di cancro, si rese conto che tutti questi malati avevano perso i ritmi naturali e anche la loro coerenza. Le linee di comunicazione interiore erano confuse. La loro luce era come se si stesse spegnendo. Con la sclerosi multipla si accorse dell'esatto contrario. La S.M. è uno stato di ordine eccessivo: gli individui con questa malattia assumono troppa luce e ciò inibisce l'attività cellulare. Troppa coerenza impedisce la flessibilità necessaria a qualsiasi tipo di attività, come se i membri di un'orchestra perdessero la capacità di improvvisare. Popp concluse che l'emissione di fotoni è un atto compensativo e ha lo scopo di mantenere una sorta di equilibrio energetico. Il corpo più sano di tutti avrebbe la luce più bassa e sarebbe il più vicino di tutti allo stato zero, quello più desiderabile. Popp arrivò a comprendere che la luce nel corpo potrebbe addirittura contenere la chiave per la salute e l'infermità. In un altro esperimento comparò la luce emessa da uova di galline ruspanti con quella emessa da uova di galline di allevamento. Scoprì che i fotoni emessi non erano molto diversi e che le emissioni delle uova delle galline di allevamento erano meno coerenti rispetto alle uova delle galline ruspanti. Allo stesso modo qualsiasi "disturbo" in un sistema vivente andrebbe ad alterare la coerenza dell'emissione di biofotoni e la loro quantità. Potremmo allora considerare la "buona salute" come uno stato di comunicazione subatomica perfetta e la "cattiva salute" quello stato in cui la comunicazione si rompe. Siamo malati quando le nostre onde non sono in sincronia. Accadde poi che studiando la Daphnia, una particolare pulce d'acqua, Popp (e collaboratori) scoprì che queste scambiano fotoni tra loro e così fanno anche altri piccoli pesci. I batteri assumono fotoni dal mezzo in cui vengono posti. Popp si rese conto che queste emissioni hanno anche un significato esterno al corpo. Le onde di risonanza non vengono usate soltanto per la comunicazione interna al corpo, ma anche tra diversi esseri viventi. Questo scambio potrebbe svelare il segreto di come i banchi di pesci o gli stormi di uccelli riescano a creare una coordinazione istantanea e perfetta. Se possiamo assumere i fotoni di altri esseri, potremmo diventare capaci di usare le loro informazioni per correggere la nostra luce, nel caso in cui questa non funzioni bene. In fondo se alcune sostanze chimiche sono cancerogene, è perchè possono alterare l'emissione di biofotoni nel corpo, allora altre sostanze potrebbero avere un’azione curativa, qualora riuscissero a ripristinare una comunicazione energetica coerente. Questo potrebbe essere il meccanismo d'azione dell'omeopatia, che cura "il simile con il simile": in fondo l'alta diluizione di una sostanza che produce dei sintomi trasporta le stesse oscillazioni. Così come un diapason in risonanza, una soluzione omeopatica opportuna può attrarre e assorbire le oscillazioni non corrette, permettendo al corpo di tornare alla propria condizione di equilibrio. E, infine, potrebbe aiutarci a comprendere l’agopuntura: il sistema dei meridiani potrebbe funzionare come "guida d'onda", trasmetterebbe, cioè, una peculiare energia corporea a zone specifiche e secondo bande di frequenza consone proprio a quelle zone.
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10/18/2022 10:37:01 pm
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